“Caratteristica cruciale del cinema italiano è la relazione costante con i luoghi: visitiamoli e prenderà forma una meravigliosa geografia visionaria”. Da questa considerazione Oscar Iarussi, giornalista, saggista e critico cinematografico, nel suo saggio “Andare per i luoghi del cinema” (Il Mulino, 2017) parte alla scoperta di 10 città di cinema del Bel Paese.
Una relazione che nasce con il Neorealismo, che esce fuori dai teatri di posa e incontra i suoi attori della strada, iniziando una tradizione che esploderà in anni recenti con le grandi coproduzioni internazionali ambientate nelle nostre città: Spectre tra le rovine dell’antica Roma, Ben Hur tra i Sassi di Matera, Inferno tra le bellezze del Rinascimento fiorentino, solo per citarne alcuni.
L’intento che si è posto l’autore è quello di mostrare l’Italia di oggi, il Nord con i mezzi e le infrastrutture, il Sud con i talenti ma spesso priva della forza per valorizzarli, attraverso dieci luoghi da raccontare attraverso i film.
Il viaggio immaginario che attraversa lo stivale inizia a Venezia, dove nel 1896 uno dei primi schermi italiani proietta alcune vedute di vita cittadina. Questo primordiale esempio di applicazione quell’“invenzione senza futuro” (secondo il papà dei suoi creatori i fratelli Lumière) che sarà il cinema, sarà preludio di una lungimirante storia d’amore tra la città lagunare e il cinema, tanto da renderla scenario, dal 1932, di una delle più importanti mostre d’arte cinematografica.
A Torino ha sede il Museo Nazionale dei Cinema, all’interno dell’imponente Mole Antonelliana. Fino al depauperamento ad opera del fascismo, che preferì avvicinare il cinema al potere, portandolo quindi a Roma, Torino era la Hollywood italiana. Una ricerca di Alberto Friedemann censisce nella città, tra il 1896 e il 1929, più di trenta società di produzione e decine di imprese impegnate nella distribuzione e noleggio di pellicole, vari laboratori di sviluppo e circa 130 sale.
Negli anni ‘50 i fratelli Antonio e Peppino Caponi partono da Napoli e sbarcano a Milano. Vestiti con colbacchi russi e sciarpe di pelliccia si rivolgono ad un vigile chiedendo informazioni in un’improbabile linguaggio, rendendo immortale una delle scene più divertenti che il cinema italiano ricordi, in Totò, Peppino e… la malafemmina (1956).
Si passa a Bologna, sede di una delle Cineteche più importanti d’Europa per il restauro delle pellicole d’epoca. E poi a Firenze, che lega da sempre cinema e letteratura, come dimostrano i recenti Il giovane favoloso, di Mario Martone (2014), Maraviglioso Boccaccio, dei fratelli Taviani (2015), o il blockbuster Inferno (2016), titolo di dantesca memoria di Ron Howard, che mette in scena per la terza volta lo studioso di simbologia Robert Langdon, nato dalla penna di Dan Brown.
Percorrendo lo stivale verso sud si arriva a Bari, che esordisce tra le città del cinema nel 1973 con Polvere di stelle di Alberto Sordi. Bari diviene città simbolo dell’accoglienza, che rileva al mondo l’emergenza dell’esodo, quando l’8 agosto 1991, a bordo della nave Vlora, sbarcano in città 20mila albanesi in fuga dal regime comunista. Una vicenda cruciale, che sarà raccontata in vari film, tra cui Lamerica di Gianni Amelio (1994), e che cambierà la storia cinematografica del capoluogo pugliese.
E poi c’è Matera, “vergogna nazionale” trasformatasi in “patrimonio mondiale dell’umanità”, una rinascita culminata nella nomina a Capitale Europea della Cultura 2019. Un luogo dal fascino senza tempo, una sorta di presepe vivente che ha ispirato registi di fama mondiale, come Mel Gibson, che vi gira La passione di Cristo (2004), e, anni prima, Pasolini con Il Vangelo secondo Matteo (1964).
Parlare della Napoli cinematografica significherebbe iniziare una trattazione a sé, tanto è vasta la filmografia che ha coinvolto questa città, patria dell’indimenticabile Francesco Rosi, che vi ambientò nel 1963 Le mani sulla città, e di una scuola di comici partita e ispirata da Totò e i fratelli De Filippo. Una carrellata di città del cinema, non può non passare per Palermo, città del Nuovo Cinema Paradiso (1988), che ha valso l’Oscar a Giuseppe Tornatore, o di altri capolavori internazionali come Il Padrino – Parte III (1990) di Francis Ford Coppola.
Il tour cinematografico d’Italia si conclude, come è naturale, a Roma, la “città aperta” del cinema: con i talenti di Cinecittà, il Centro Sperimentale di Cinematografia e la Direzione Cinema del MiBACT, la nostra capitale resta da anni il centro di tutte le attività legate ad artisti, tecnici e maestranze che ruotano attorno alla settima arte. Ma è anche la Roma della Dolce Vita di Fellini, del Sacro GRA di Gianfranco Rosi, della Grande Bellezza di Sorrentino e dei tanti registi che l’hanno celebrata nel bene e nel male.