Da Napoli ad un’isola solitaria e dispersa, Io sono Rosa Ricci, il nuovo prequel spin off di Mare fuori presentato alla 20ª Festa del Cinema di Roma e in sala dal 30 ottobre con 01 Distribution, sposta la narrazione dal famoso carcere di Nisida della serie ad un luogo remoto per indagare da dove nasce il personaggio interpretato da Maria Esposito.
Diretto da Lyda Patitucci (Come pecore in mezzo ai lupi; Curon) e scritto da Maurizio Careddu, anche sceneggiatore della serie, e Luca Infascelli (La lezione, 2025), Io sono Rosa Ricci è la storia della nascita di uno dei personaggi più amati e seguiti di Mare fuori e riporta il racconto a quando la ragazza aveva quindici anni e un’ingenuità e una inconsapevolezza del male che la circonda che non apparterranno più alla successiva Rosa forte e determinata.
È il 2020, Rosa (Maria Esposito), figlia del boss camorrista Don Salvatore Ricci (Raiz), è solo una quindicenne protetta da suo padre e dal suo clan. Quando però un capo criminale sudamericano la rapisce per mettere in ginocchio Don Salvatore, dovrà trovare in se stessa tutte le risorse e la forza per salvarsi da una prigionia dura e pericolosa. Al suo fianco trova uno dei suoi carcerieri, Victor (Andrea Arcangeli), con cui instaura un rapporto più intimo e profondo. I due proveranno a salvarsi a vicenda, ma Rosa ne uscirà ben più consapevole e risoluta rispetto alla bambina che era.
Reclusa tra le rovine di un edificio diroccato in cima agli scogli di una piccola isola sperduta nel mare, Rosa si trova sola, imprigionata in un non luogo sospeso tra realtà e incubo. Le riprese di Io sono Rosa Ricci si sono svolte perlopiù in Sicilia, presso Custonaci nella baia di Cornino, in provincia di Trapani, e nell’isola di Levanzo nelle Egadi, ma quella del film è una località non meglio specificata, quasi del tutto disabitata e dagli spazi aperti, in cui domina la lussuosa villa del boss sudamericano.
“L'idea era di creare una sorta di non luogo - spiega la regista Lyda Patitucci alla presentazione di Io sono Rosa Ricci a Roma – Abbiamo fatto un'operazione in un certo senso opposta a quella della serie Mare fuori, che ha un impianto molto realistico, in cui ci si muove all'interno di un carcere che fotografa una situazione che culturalmente e socialmente conosciamo perfettamente, al cui interno si sviluppano delle dinamiche tra dei personaggi spesso molto legate all'età. Il film fa invece un ragionamento opposto che fa fare uno scatto al racconto e allontana da quella realtà che ci è più familiare. Portiamo i due personaggi di Rosa e Victor all'interno di un mondo che è completamente di finzione e che sposa il genere al cento per cento, con la criminalità sudamericana. Volevamo che l’isola non fosse riconoscibile, ma fosse portatrice di un mondo altro, di uno stile che non è casa. Perché l'assunto fondamentale per Rosa è che vuole tornare a casa sua, dove sta bene, dove si sente protetta, amata, sicura e libera. L'isola doveva profumare di Mediterraneo, ma anche di Sudamerica, di traffici e doveva sembrare appunto un non luogo”.