Siamo nei primi Anni '70 e la 'ndrangheta calabrese dilaga da sud a nord. Antonio Zagari, figlio di Giacomo, un boss calabrese trapiantato in Lombardia, dopo aver ucciso più e più volte, capisce di non essere adatto a quella vita: per lui uccidere diventa un peso insostenibile, anche fisicamente. Un peso che si esprime in un’autentica repulsione per il sangue, una ribellione del corpo prima che della coscienza. Ammazzare stanca a Venezia 82 nella sezione Spotlight e nelle sale dal 4 dicembre con 01 Distribution, è il nuovo film di Daniele Vicari con Gabriel Montesi, Vinicio Marchioni, Selene Caramazza, Andrea Fuorto, Thomas Trabacchi, Cristiana Vaccaro e con Rocco Papaleo nel ruolo di Don Peppino Pesce. Ispirato alla vera storia che Zagari, morto in un incidente nel 2004, ha affidato alle pagine di un memoriale scritto mentre era in carcere.
Un personaggio che Gabriel Montesi ha approcciato "partendo dall'elemento del corpo all'elemento della meraviglia, cioè della scoperta, del sentire umano, che gli permette di rompere uno schema, anche familiare, e riuscire a trovare in qualche modo a trovare una sua via di fuga". In un periodo storico in cui i suoi coetanei si ribellano nelle fabbriche, nelle università e nelle piazze, in Antonio cresce il rifiuto per l’esercizio del potere e per la ferocia del genitore. Deve però trovare il coraggio di andare contro il proprio padre e tramare contro di lui una vendetta peggiore della morte, la rivelazione della verità. A poco più di vent’anni, dopo aver ammazzato, rapinato, rapito, finisce in galera. Lì decide di fermare tutto, e lo fa scrivendo.
Il film, scritto da Daniele Vicari e Andrea Cedrola, è liberamente ispirato all’autobiografia di Antonio Zagari Ammazzare stanca, edita da Compagnia Editoriale Aliberti, letta dal regista per documentarsi sul mondo criminale per il suo precedente Il passato è una terra straniera.
Rispetto al contenuto del libro che l’ha così affascinato da farci poi un film, precisa: “Sono da sempre convinto che il cinema nasca dalla vita reale, che è sporca, piena di contraddizioni, di cose positive e negative che si mescolano. In questo senso questo libro è pieno di vita. La vita di Antonio Zagari è una delle più assurde e contraddittorie, persino respingenti, che si possano immaginare. Raccontata in un libro così sincero che a volte diventa persino respingente. Ci sono scene difficili da digerire, violente, sessiste, razziste. È una storia profondamente umana, la storia di un ragazzo che capisce di non essere libero, e nel momento in cui lo capisce, la sua condizione diventa deflagrante per tutta l’organizzazione criminale. Se ne libera scrivendo".
Vinicio Marchioni, che interpreta il padre del protagonista, il boss dalla cui figura Zagari tenta di affrancarsi, ha spiegato come ha costruito il suo personaggio, anche grazie al confronto con la madre di origini calabresi: “Ho scoperto che quello che chiamiamo omertà, nel Sud Italia è in realtà l’incapacità di verbalizzare i sentimenti. Non si parla nemmeno quando si soffre. Durante le prove, abbiamo costruito un ‘animale’ più che un essere umano: qualcuno disposto a sacrificare i figli e che non si rapporta ai figli come ci rapportiamo oggi. È un personaggio senza contraddizioni ai miei occhi, forse il più semplice, ma al tempo stesso il più complicato da interpretare come attore. Nell'interpretarlo nel corso della storia mi sono interrogato su come farlo reagire di fronte alle perdite e al dolore che dovrà affrontare. Per me è stato come prendere un animale, un cinghiale, cresciuto in un certo ambiente e portarlo altrove”.
Le riprese sono durate otto settimane. Il film è stato girato in Emilia-Romagna, tra Pianoro, Bologna, Marzabotto, Grizzana Morandi, Zola Predosa, San Lazzaro di Savena, Sasso Marconi e Casalecchio, e in Calabria, tra Lamezia Terme, Spezzano Della Sila, Camigliatello Silano, San Luca, Bovalino.
Prodotto da Pier Giorgio Bellocchio, Manetti bros., il film è una produzione Mompracem con Rai Cinema, ha ricevuto il sostegno di Emilia-Romagna Film Commission e in collaborazione con Calabria Film Commission.
“Dal punto di vista produttivo, lo abbiamo sviluppato cercando di coniugare ambizione e buon senso - ha sottolineato Pier Giorgio Bellocchio - rimanendo entro parametri di budget sostenibili. Ci siamo riusciti, anche grazie all’aiuto delle Film Commission. Abbiamo riambientato la parte varesotta in Sila e ricostruito alcuni luoghi del Nord Italia a Bologna, grazie a un lavoro meticoloso e a rapporti consolidati con le Film Commission, che, come Mompracem, coltiviamo da anni”.