Girato tra Roma e i dintorni di Frascati, Per te costruisce la propria forza emotiva anche attraverso i luoghi, che diventano specchi sentimentali della vicenda di Paolo che, poco più che quarantenne, riceve una diagnosi di Alzheimer precoce. Ogni location del film è un frammento della sua memoria, uno spazio che conserva tracce di vita passata, di parole dette e non dette, di piccoli gesti quotidiani. Roma è filmata con uno sguardo intimo, lontano da ogni cartolina: non la città monumentale, ma quella vissuta, domestica, fatta di cortili, teatri, giardini e palazzi pieni di storia.
Tra le location principali l’Orto Botanico che appare come luogo di tregua, sospeso tra realtà e sogno. Un’oasi emotiva dove la natura si fa custode della memoria. È lì che Paolo porta Mattia – il figlio – di giorno, e Michela, la moglie, di notte, tra le lucciole. Nel’Orto Botanico la vita sembra rallentare, in quell’abbraccio verde le lucciole accendono brevi lampi di speranza nelle notti dei protagonisti. Un luogo in cui la natura è custode di memoria, contagio poetico di luce e silenzio, che rappresenta la quiete nei momenti di turbamento.
Nel desiderio di rubare ancora un po’ di tempo alla dimenticanza, Paolo porta Michela a rivivere il mondo, come se ogni uscita potesse diventare un ricordo da salvare. Tra i luoghi del loro girovagare a Roma il Teatro Torlonia, simbolo per eccellenza della rappresentazione, un palcoscenico dove ogni gesto può trasformarsi in racconto. Il quartiere Coppedè, con i suoi dettagli liberty e le geometrie sognanti, è il luogo del contrasto tra l’elegante bellezza fregiata e la fragilità del ricordo che sfuma. E poi c’è Frascati, con il Convento dei Cappuccini, immerso nella natura, dove va in scena una delle scene più intense del film, un matrimonio sotto la neve, con un’atmosfera sospesa tra sacralità e intimità quotidiana. In tutti questi spazi si riflette l’anima del film: un continuo oscillare tra la realtà e la sua rielaborazione poetica, tra l’ordinario e il miracolo.
“È difficile - ammette Alessandro Aronadio, regista di Per te - raccontare un tema così drammatico con i toni della commedia, senza tradire la gravità di ciò che si sta narrando”. La sua voce apre la conferenza stampa con la stessa cauta delicatezza che attraversa il film: la storia nasce da un’esperienza reale, ancora viva, che ha imposto da subito un senso di responsabilità. “Ma non volevo limitarmi a guardare nel buco della serratura il dolore di una famiglia. Volevo traslarlo, renderlo universale. Non rispettare la realtà dei fatti, ma la verità di una storia che riguarda tutti”. Il regista racconta di aver cercato un equilibrio sottile, “un filo teso tra la tragedia e la commedia, come un funambolo tra le torri”.
Per lui la lente della commedia è una forma di cura, un modo per restituire al pubblico una storia che non parla solo di malattia, ma dell’importanza della memoria e dell’attenzione verso l’altro. “La cura non è solo una risposta a un problema. È un modo di stare al mondo, un gesto che dovrebbe appartenere a tutti noi: padri, figli, amici, sconosciuti. Per te è un film sulla cura, e credo che oggi ne abbiamo un bisogno profondo”, C’è una nota di orgoglio, poi, quando parla dell’anima italiana del film: “È una storia molto italiana, nel senso più bello. Ci racconta che nonostante ci vogliano far credere che siamo tutti cinici, noi abbiamo ancora nel DNA la capacità di prenderci cura degli altri. Anche del vicino più antipatico, se serve”.
Accanto a lui, Edoardo Leo, produttore e interprete, racconta la scintilla che lo ha portato a unirsi al progetto: “Quando ho letto la storia, mi ha travolto. C’era una forza rara, e una sfida enorme: fare un film che potesse parlare di sentimenti senza ricattare lo spettatore. È un film sul tempo, su quello che ci scivola tra le mani, sul rischio di dimenticare chi siamo e chi amiamo. In un’epoca in cui corriamo sempre avanti, distratti dal futuro, questo film ci ha obbligati a fare i conti con la memoria, con chi abbiamo accanto e con chi abbiamo dietro”.