Un noir che unisce thriller giudiziario, dramma psicologico e riflessione sociale, il nuovo film di Francesca Archibugi, Illusione, presentato in anteprima alla 20ª Festa del Cinema di Roma. Il film racconta la storia di Rosa Lazar, giovane sedicenne moldava, ritrovata in fin di vita in un fosso nella periferia di Perugia.
La storia prende il via da un fatto di cronaca che Archibugi aveva letto anni fa su un giornale: “Ho letto un trafiletto sul Corriere dell’Umbria che parlava del ritrovamento di una ragazza molto giovane, minorenne, in un fosso vicino alla superstrada. Era stata creduta morta e invece portata all’ospedale. Ogni tanto cercavo di capire se ci fossero sviluppi alla vicenda, niente. Non era stato considerato importante. Come spesso capita, non siamo noi che scegliamo le storie, ma sono le storie che scelgono noi. Per cui continuavo a pensarci: questa ragazzina, mezza romena e mezza moldava, trovata nel fosso di Perugia, piano piano ha preso forma dentro di me. È nato un personaggio completamente di fantasia, Rosa, completamente di fantasia, così come lo psicologo e la magistrata. Sono i personaggi che scrivono la storia, non siamo noi a sceglierla.”
La regista rivendica nel suo processo creativo la scelta di concentrarsi innanzitutto sui personaggi: “Non volevo fare un film sociologico sulla tratta, ma raccontare Rosa, il suo disagio, il suo modo di stare al mondo, le sue ferite e la sua resilienza. Il suo meccanismo di rimozione che le permette di vedere tutto bello, anche di fronte alla brutalità”. Rispetto, però, alla dimensione reale della vicenda cui la storia prende ispirazione, denuncia che è qualcosa di cui in Italia si parla troppo poco. "Dal 2008 in poi, dopo la crisi dei Lehman Brothers, arrivano nel centro Italia gruppi della mafia slava con soldi freschi. Si infiltrano in aziende, a Perugia, a Siena, dappertutto. C’è questa tratta incredibile: prostituzione, droga, cocaina. Esiste un’inchiesta chiamata Infinito, che racconta tutto questo avviata da Boccassini in quegli anni, che però non si è mai conclusa, o si è conclusa parzialmente. Ma non se ne parla abbastanza, io stessa ero completamente ignorante su queste dinamiche quando sono andata a Perugia a capire cosa fosse realmente successo. Forse c’è un problema nell’informazione”.

Le riprese di Illusione - una coproduzione tra Italia e Belgio prodotto da Fandango con Rai Cinema e Tarantula Belgique - sono durate otto settimane tra Italia - con set a Perugia, dove ha inizio l’indagine, e Roma - per poi spostarsi a Bruxelles e Strasburgo.
A Perugia diverse le location coinvolte, in particolare nel centro storico cittadino, con set in piazza Lupattelli e nella Chiesa di Sant’Agostino; in piazza Matteotti, con il Tribunale sullo sfondo; in piazza Danti, piazza Piccinino e Porta Sole. Riprese anche nella più periferica strada Bellocchio - San Faustino.
Il film è stato sviluppato con il contributo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo del Ministero della Cultura.

La narrazione si muove su due piani temporali intrecciati, tra presente e passato: da un lato assistiamo al drammatico viaggio di Rosa attraverso l’Europa, segnato da soprusi e sfruttamento, che la porta fino in Italia dove viene presentata ai clienti come la "vergine moldava”; dall’altro seguiamo l’indagine volta a ricostruire la verità sulla sua vicenda, condotta dalla sostituta procuratrice Cristina Camponeschi (Jasmine Trinca) insieme allo psicologo Stefano Mangiaboschi (Michele Riondino). Il loro lavoro è reso ancora più arduo dal fragile equilibrio mentale di Rosa, che sembra rifugiarsi in un mondo immaginario dai toni fiabeschi, una dimensione parallela che la protegge ma al tempo stesso la separa dalla consapevolezza del trauma vissuto.
"Non credo che sia un caso che il personaggio di Rosa Lazar sia una matta. Quale altra figura possiamo immaginare, se non una prostituta, fuori di testa, una donna che in apparenza ha tutto per non essere presa sul serio ed essere messa in discussione”, commenta Jasmine Trinca, miglior attrice alla Festa di Roma per Gli occhi degli altri di Andrea De Sica. “Il suo è un corpo che è già dato per morto e che invece, grazie all'attenzione di qualcuno, è un corpo che vive. Questi sono veri movimenti di rivendicazione, e di espressione politica e sono felice che il film mostri anche la voce di una ragazza che probabilmente non avrebbe mai avuto la possibilità di dire qualcosa nel mondo".
Michele Riondino interpreta uno psicologo in crisi che si ritrova a confrontarsi con un suo errore del passato. “Mi piace l'idea di aver restituito all'universo maschile quel tipo di fragilità - sottolinea - . La capacità che ha questo psicoterapeuta di entrare in connessione con Rosa sta proprio in quello che hanno in comune: la custodia di una ferita, di un passato che non rappresenta né l’uno né l'altra. Rosa rivendica la sua verginità nonostante l'incubo che ha vissuto. Rivendica la purezza, e tutto il film ci racconta di come i tentativi di macchiare quella purezza non siano mai andati a buon fine, ma non siano mai cessati".